Comunicato stampa
69° PREMIO BANCARELLA
Pontremoli, 10 maggio 2021 – Viviamo con impazienza, come ogni anno, dal 1952, questo momento. Il momento nel quale ci pregiamo di poter annunciare i sei finalisti, i sei autori, le sei case editrici, vincitori e vincitrici, del Premio Selezione, che concorreranno per aggiudicarsi la sessantanovesima edizione del Premio Bancarella.
Oggi è quel momento, e questi i protagonisti che si contenderanno la prima posizione, il 18 luglio prossimo venturo, in piazza della Repubblica a Pontremoli:
La cena degli Dei, Marino Bartoletti, Gallucci Editore
Arte è liberazione, Andrea Bigalli e Tomaso Montanari, Edizioni Gruppo Abele
La ballata della città eterna, Luca Di Fulvio, Rizzoli
Io sono la strega, Marina Marazza, Solferino
Non salvarmi, Livia Sambrotta, Sem
Per il mio bene, Ema Stokholma, HarperCollins
Quattro mesi di faticosa selezione. Questo il lasso di tempo nel quale i Librai Pontremolesi e delle Bancarelle, hanno fatto pervenire ai Presidenti delle Associazioni ed alla Fondazione Città del Libro, le candidature e segnalazioni 2021. Dei numerosi titoli proposti, questi sei, sono risultati essere i più meritevoli per gradimento del pubblico, diffusione, contenuti.
Gli autori si incontreranno per la prima volta, per presentare i loro racconti e soprattutto “studiare i propri avversari”, a Cesena, il prossimo 9 luglio, nella cornice dell’ affascinante chiostro di San Francesco, attiguo alla meravigliosa Biblioteca Malatestiana.
Durante la serata riceveranno la statuetta raffigurante il “libraio con la gerla”, simbolo dei “pionieri” della lettura, che carichi di volumi diffondevano la cultura da un paese all’ altro d’ Italia. Requisiti necessari per questa attività itinerante erano, la libertà di spostamento, la volontà di incontrare persone, di dialogare con loro, di raccontare storie contenute in quei manoscritti, di condividere momenti. Quelli che ai giorni, d’oggi sembrano quasi privilegi perduti.
A Pontremoli il 18 luglio, li aspetterà il “San Giovanni di Dio”, scultura dell’artista Umberto Piombino, ritraente il protettore dei librai e riconoscimento per il vincitore del Premio. Il Notaio incaricato, Dottoressa Sara Rivieri, procederà allo spoglio in seduta pubblica delle schede che i librai indipendenti, per tale data, le avranno recapitato in forma anonima. Ogni scheda conterrà tre espressioni di voto ed il libro che avrà ricevuto il maggior numero di preferenze verrà decretato “ Vincitore del Premio Bancarella” 69° edizione.
Il Segretario del Premio Bancarella – Ignazio Landi
I Vincitori del Premio Selezione 2021
Marino Bartoletti, La cena degli Dei, Gallucci Editore
Il Grande Vecchio era sicuro che in quel Luogo avrebbe trovato amici straordinari. La sua vita, un po’ riservata, gli aveva comunque consentito di frequentare uomini potenti, dive bellissime, campioni ineguagliabili, artisti formidabili: molti li avrebbe rivisti volentieri, qualcuno che – per anagrafe – aveva solo incrociato lo avrebbe voluto conoscere un po’ meglio. Così stilò un piccolo elenco e pregò Francangelo, il suo assistente, di cercarli. Quando vide arrivare quel celebre tenore con l’enorme foulard al collo, quel grandissimo pilota con lo sguardo malinconico, quel ragazzo timido con la bandana in testa, quella principessa col sorriso un po’ triste e altri ospiti strabilianti capì di aver avuto un’idea bellissima. La cena fu un successo. Tutti andarono via felici. Con un cavallino fra le mani.
Un racconto appassionante e originale, per tutti i lettori che vogliono ripercorrere le gesta ma anche i fallimenti dei grandi personaggi dello sport e dello spettacolo, scoprirne le inquietudini e i sentimenti più sinceri, dalla penna di un grande giornalista che sa raccontare come pochi storie che sembrano favole e favole che sembrano storie.
Andrea Bigalli e Tomaso Montanari, Arte è liberazione, Edizioni Gruppo Abele
“Questo libro, come tutti i libri, è un’idea, una specie di sogno. Il sogno che l’arte possa ancora essere capace di liberarci. L’arte figurativa, il cinema, la letteratura, la musica liberano la mente e i cuori, e possono rompere l’assedio del pensiero unico. È un potere nascosto, perché secondo l’opinione dominante anche l’arte sarebbe solo una merce come le altre. Noi, invece, pensiamo che sia l’arte l’alleata forse più forte dell’umano: contro la morte”.
Le opere d’arte non sono solo “pezzi da museo” o, peggio, oggetti di consumo di quella che viene chiamata industria culturale. Studiare l’arte e visitare le sue espressioni serve a diventare cittadine e cittadini. Amare l’arte non significa occuparsi dei gingilli dei ricchi, ma di un patrimonio culturale comune che appartiene anche a chi, apparentemente, non ha nulla. Un patrimonio grazie al quale scoprire che è esistito un passato diverso, e che dunque sarà possibile anche un futuro diverso. Da questa consapevolezza nasce il libro di Tomaso Montanari e Andrea Bigalli, una finestra su venti vere “grandi opere”, note e meno note, del nostro Paese. Spaziando fra venticinque secoli e venti regioni, si va da Masaccio ai Murales di Orgosolo, dall’Abbazia di Novalesa a Giotto, dai Bronzi di Riace a Carlo Levi.
Luca Di Fulvio, La ballata della città eterna, Rizzoli
Stato Pontificio, 1870. L’orfano Pietro è fuggito da Novara insieme alla Contessa, una donna dagli occhi color ametista e dall’eleganza innata. Marta è cresciuta viaggiando insieme ai circensi: quando era bambina, il vecchio cavallaro Melo l’ha accolta sul suo carro insieme a giocolieri, acrobati e trapezisti. I loro destini si incrociano per caso, come i loro sguardi. Quando arrivano a Roma, restano entrambi a
bocca aperta: nessun posto è così bello e corrotto insieme, così marcio e così incantevole. Eppure, a meno di un decennio dall’unificazione del Regno d’Italia, la Città Eterna è una polveriera. “Roma libera” è il motto segreto che passa di bocca in bocca tra botteghe e palazzi, tra gli straccioni dei vicoli e tra i giovani aristocratici del Caffè Perilli: “Siamo tutti fratelli, tutti carne italiana”. Ma cosa significa davvero essere italiani? Cosa significa essere fratelli per due come loro, che non hanno mai avuto una casa e una famiglia? Mentre la tensione sale e le truppe del Papa sorvegliano le strade vicino a Porta Pia, Marta e Pietro dovranno farsi coraggio e decidere da che parte stare, prima che là fuori cominci la battaglia.
Marina Marazza, Io sono la strega, Solferino
Il 4 marzo 1617 viene bruciata alla Vetra di Milano, dopo un processo-scandalo che ha appassionato tutta la città, una donna colpevole di stregoneria, Caterina da Broni. L’accusa è quella di aver «affatturato» l’illustre senatore Luigi Melzi, l’anziano nobiluomo da cui è a servizio. Rispetto a tanti altri casi c’è però una differenza: Caterina è davvero convinta di essere una strega. Forse pensare d’aver venduto l’anima al diavolo è un modo per difendersi da una vita difficilissima: stuprata a tredici anni e poi sposata a un uomo violento, che non è chi dice di essere, non si rassegna a un destino di schiavitù e sceglie di fuggire. La sua intera vita diventa così una picaresca ricerca del proprio posto nel mondo, attraverso un territorio dove la vita è scandita dallo scorrere del Po. Da una locanda equivoca dove Satana è di casa a una raffinata bottega di tipografi, da concubina di un capitano di ventura e madre di due bambine a un viaggio avventuroso verso Milano, dominata dagli spagnoli e teatro di intrighi e lotte per il potere… Caterina al processo non nega: lei è la strega. A eseguire la sentenza è un boia così bello e così bravo da essere diventato una «star» dell’epoca, il tormentato Salem, colto e affascinante, convinto di eseguire col suo tremendo lavoro un nobile compito di giustizia.
Sensuale, inquieta, spietata e tenera, Caterina da Broni è un’eroina modernissima, protagonista autentica di uno dei più famosi processi alle streghe che la storia abbia tramandato. Tra realtà e finzione, tutto ricostruito sugli atti autentici dell’epoca, la storia emozionante di una donna, pedina di intrighi di potere, sullo sfondo della splendida e tremenda Milano.
Livia Sambrotta, Non salvarmi, Sem
Aeroporto di Phoenix, Stati Uniti. Deva Wood, una ragazza italoamericana di ventitré anni, scompare misteriosamente subito dopo aver effettuato il checkin per un volo diretto in Italia. Dipendente dagli psicofarmaci sin dall’adolescenza, Deva è in fuga da un centro di riabilitazione che si occupa dei giovani figli di star del cinema. I ragazzi vivono in un ranch dell’Arizona dove per disintossicarsi seguono una terapia basata sulla cura dei cavalli. “Cresciuti all’ombra della fama dei loro genitori miliardari, questi ragazzi a diciotto anni hanno già sperimentato qualsiasi tipo di dipendenza: alcol, cocaina, anfetamine, psicofarmaci, interventi estetici e sesso compulsivo.” Ad aspettarla a Milano c’è David, figlio del fondatore del centro, con cui ha organizzato la fuga. I due ragazzi sono follemente
innamorati e pronti a vivere insieme, ma Deva non arriverà mai all’appuntamento. Le ultime immagini di lei sono quelle delle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto che la riprendono mentre si dirige in bagno con tracce di sangue sulle gambe. Il giorno dopo in un fiume vicino al ranch viene ritrovato il corpo di una giovane con il viso bruciato dall’acido… Alternando il racconto di carriere patinate a devastanti vicende personali, l’autrice apre uno squarcio sui risvolti segreti del mondo del cinema.
Ema Stokholma, Per il mio bene, HarperCollins
“Non sei mai al sicuro in nessun posto”, questo ha imparato Morwenn, una bambina di cinque anni. Perché Morwenn ha paura di un mostro, un mostro che non si nasconde sotto il letto o negli armadi, ma vive con lei, controlla la sua vita. Un mostro che lei chiama “mamma”. La persona che dovrebbe esserle più vicina, che dovrebbe offrirle amore e protezione e invece sa darle solo violenza e odio. La picchia, la insulta, le fa male sia nel corpo che nell’anima. A lei e a Gwendal, suo fratello, di pochi anni più grande. Morwenn prova a fuggire, ma la società non lascia che una bambina così piccola si allontani dalla madre, e tutti sembrano voltarsi dall’altra parte davanti alle scenate, ai “conti che si faranno a casa”, ai lividi. Così, aspettando e pregando per una liberazione, Morwenn imparerà a mettere su una corazza, a rispondere male ai professori, a trovare una nuova famiglia e un primo amore in un gruppo di amici, a usare la musica per isolarsi e proteggersi. Finché, compiuti quindici anni, riuscirà finalmente a scappare di casa e a intraprendere il percorso, fatto di tentativi ed errori, che la porterà a diventare Ema Stokholma, amatissima dj e conduttrice radiofonica. Per la prima volta Ema Stokholma racconta il suo passato, il tempo in cui il suo nome era ancora Morwenn Moguerou. E lo fa scrivendo un libro che attraverso la sua esperienza individuale riesce a raggiungere sentimenti universali, a insegnare che dal dolore si può uscire, che si può sbagliare e cambiare, che il lieto fine è possibile. Perché Per il mio bene è una storia vera ma anche un romanzo indimenticabile, che riesce a raccontare il dolore e il male con una lingua immediata e diretta, con uno stile allo stesso tempo durissimo e dolce che colpisce il lettore al cuore e tocca le corde più profonde e vere dell’animo umano.