Lo scrittore Simone Sarasso si è aggiudicato il Premio Bancarella Sport

«È stato emozionante, lo speravamo ma non ce lo aspettavamo. Prima della premiazione c’è stato lo spoglio in diretta e lo scopri lì se hai vinto o no: Loris teneva d’occhio le schede, io non avevo il coraggio di guardare».

A parlare è Simone Sarasso, lo scrittore novarese che domenica 22 luglio a Pontremoli ha vinto il Premio Bancarella Sport con “65, la mia vita senza paura“, la biografia di Loris Capirossi, il campione di moto mondiale che ha attivamente partecipato alla stesura del libro.

«Abbiamo vissuto insieme quasi un anno – prosegue Sarasso – nel senso che una volta a settimana andavo a Monte Carlo, dove abita Capirossi, e lui mi raccontava anno dopo anno tutto quello che gli era successo nella vita. Ho avuto il privilegio di entrare nella sua vita anche incontrando persone di sua fiducia come i genitori, il manager e il fisioterapista che hanno contribuito a rendere più umana la storia».

Quindi non si parla solo del campione?
Direi di no e per fare questo ho preso come esempio “Open”, la biografia di Agassi magistralmente scritta da Moehringer che ha cambiato il modo di fare le biografie sportive. Prima di allora le biografie erano piuttosto noiose e compilative; lui invece è stato in grado di far uscire la figura dell’uomo oltre che quella del campione. Ne parlavo proprio tempo fa con Enrico Brizzi, autore del libro su Vincenzo Nibali, anche lui vincitore qualche anno fa del Bancarella Sport.

Come hai avuto l’idea di scrivere la biografia di Capirossi?
Perchè come dico sempre, io sono il suo fan numero uno al mondo e lo seguo da quando ero ragazzino. Me ricordo ancora oggi la notte in cui ha vinto il mondiale a Phillip Island: era il 1990 e io avevo 11 anni. Ho sempre avuto i poster di Capirossi in camera e ho sempre pensato che se ci fossimo conosciuti, saremmo diventati amici. Poi nel 2011, quando ha smesso di correre, ho cominciato a pensare di voler scrivere la sua storia.

Come l’hai raggiunto?
Ho smosso mari e monti e non è stato facile. Comunque attraverso Sperling e la mia editor, dopo un anno di contatti, sono riuscito a incontrarlo proprio a casa sua a Monte Carlo: volevo spiegargli perchè dovevo essere io a scrivere la sua biografia, abbiamo cominciato a parlare non abbiamo più smesso, insomma l’ho convinto. Da quel momento per un anno ci siamo visti tutte le settimane: un lavoro che ha richiesto tanto tempo e concentrazione considerando 328 gare, 22 anni di carriera e 99 podi. Volevo raccontare tutto la sua storia che nel mio libro parte dal racconto di come si sono conosciuti i suoi genitori.

Come riesci a passare da un genere all’altro con questa facilità? Dal noir, allo storico e adesso allo sport?
Mi è stato hanno insegnato che lo scrittore è come uno chef che sa cucinare tutto, dall’antipasto al dolce; a me interessa un po’ tutto non c’è un tipo di narrazione che preferisco, in passato ho addirittura scritto romanzi rosa sotto pseudonimo e ai miei allievi faccio sempre fare esercizio con i romanzi rosa. Allo sport sono rimasto legato: tra un anno uscirà una raccolta di interviste e di ritratti di atlete donne che corrono in montagna per l’editore di Skialper, una rivista di corse in montagna, poi ho in programma un libro su una gara che si tiene in Val d’Aosta, la Tor des Géants di 330 km che dura una settimana che sarò pubblicato nella collana Passi in collaborazione con il Cai, e poi sto lavorando agli sport di fatica per Marsilio. Ma non ho abbandonato i mie vecchi amore: tra poco uscirà il secondo volume della saga di Ercole.

Ha in programma qualche presentazione a Novara con il libro su Capirossi?
Mi piacerebbe, il problema è che Loris è sempre impegnato quindi averlo in città è molto difficile, speriamo di farcela a settembre.

Articolo di Cecilia Colli

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